Bella di Notte



11 Giugno 2020

«La bella di notte (Mirabilis jalapa, L. 1753) è una pianta erbacea tuberosa appartenente alla famiglia delle Nyctaginaceae, originaria del Perù. L'epiteto specifico (jalapa) fa riferimento alla città di Jalapa, città del Messico, capitale dello stato di Veracruz. (...) I fiori si schiudono all'imbrunire ed emanano un profumo molto intenso che richiama le farfalle notturne (falene).”»

L'appuntamento era alle 22 e di certo non mi si può criticare la puntualità. E poi, sapete, col tempo ci si rassegna al fatto che alle donne piace farsi aspettare. L'auto scivolava che era una bellezza in autostrada e, tra un pezzo e l'altro su Virgin Radio, provavo a raffigurarmela. Mi toccava fare affidamento su quel poco che si vedeva nella foto del profilo. Questa cosa degli appuntamenti al buio non mi dispiaceva affatto. C'era sempre il rischio di beccarsi la fregatura, ma forse era proprio questo che mi piaceva. A pensarci adesso, dopo anni, credo che lo facessi anche per mettermi alla prova, per il gusto di gestire l'eventuale delusione o qualcosa del genere. E inoltre, se ricordo bene, avevo capito che era meglio battere il ferro finché era caldo, prima di arenarsi in estenuanti e chilometrici botta e risposta, e rimanere impigliati in un groviglio di ansie e aspettative, o di capire che dall'altra parte non c'era chi speravamo ci fosse. Ero sempre io a proporre di saltare il classico scambio di foto e di incontrarci a scatola chiusa. Penso anche che, tra le altre cose, questo mi tutelasse da me stesso: un naso leggermente storto, una capigliatura strana, un'espressione poco convincente e perdevo immediatamente interesse. Col senno di oggi, immagino di aver gettato via innumerevoli buone occasioni per dettagli insignificanti. Comunque, a quell'età puoi anche permettertelo.

La sera prima mi aveva chiesto di telefonarle così che potesse farsi almeno una prima idea ascoltando la mia voce. Anch'io do molta importanza alla voce di una donna. Quelle troppo basse o troppo stridule, per esempio, le trovo insopportabili. Le voci rauche hanno un so che di sexy ma ho constatato che non fanno per me. Poi ci sono quelle inflessioni particolari che mi spengono l'ormone. Quasi tutte le donne con le quali ho avuto una relazione più o meno duratura, avevano una voce pulita, tonda, musicale, profonda il giusto, priva di cadenze troppo marcate. La voce di Bella mi era piaciuta, la trovai sexy. Mi aveva dato l'impressione di essere una ragazza decisa o perlomeno abituata a fare quello che ora stava facendo con me. Qualche anno meno di me, fuori sede, maliziosa e divertente. In chat mi aveva fatto una buona impressione e anche al telefono riuscì a incuriosirmi. Mi piaceva soprattutto il fatto che non aveva peli sulla lingua e che in qualche modo era lei a condurre il gioco. Dopo qualche scambio di battute in chat, mi disse subito che non si sarebbe fatta troppi problemi a scoparmi al primo appuntamento se gli fossi piaciuto. Aggiunse che, basandosi sulla mia piccola foto profilo in bianco e nero, mi trovava un bel ragazzo ma al tempo stesso temeva che non fossi un tipo troppo apposto. Per quanto mi riguarda, mettendo insieme i pochi pezzi che avevo a disposizione, qualche dubbio che potesse non piacermi mi era venuto. Il punto è che le gnocche non hanno bisogno di preannunciare la buena suerte, e il fatto stesso che fosse stata lei a insistere per vederci subito, come se non avesse altro per le mani, mi dava da pensare. C'è però da dire che dalla foto non sembrava affatto male. Mostrava soltanto il viso. Lineamenti dolci, un bel sorriso e una fascia viola in testa che trovai piuttosto arrapante.

Uscito dall'autostrada proseguii per qualche centinaio di metri in cerca di parcheggio e iniziai a domandami cosa avrei potuto inventarmi. Di lunedì, a quell'ora la città è già in dormiveglia. I locali migliori sono chiusi e in giro c'è pochissima gente. Non che a me dispiacesse passeggiare in tranquillità ma, essendo un primo appuntamento, l'idea di girovagare tra le vie deserte del centro mi sembrava abbastanza squallida. Non mi venne nulla in mente (nulla di convenzionale almeno) e decisi di agire di istinto. Inoltre, non erano ancora le 22 e questo mi dava un po' di tempo per pensare a qualcosa. Ma proprio in quel momento notai la sagoma di una ragazza in piedi dall'altro lato della strada. Era lei ed era arrivata prima di me: brutto segno. Feci inversione per raggiungerla e man mano che mi avvicinavo, la mettevo meglio a fuoco. Non starò qui a far tanti giri di parole: Bella era decisamente in sovrappeso e la cosa mi deluse. Pensai persino di filarmela ma non sono quel tipo di uomo.

Di solito scendevo dall'auto come atto di galanteria ma quella volta mi limitai a fare cenno con la mano. Lei si avvicinò sorridendo. Poi aprì lo sportello lato passeggero e per un secondo mi immaginai l'auto ribaltarsi non appena si fosse seduta. Che cazzo, non era neanche così grassa. La guardai meglio. Sotto la giacca di pelle indossava un maglioncino scollato, scuro a righe bianche. Le guance paffute formavano delle pieghe ai lati delle labbra che la facevano sembrare un po' più vecchia, e il rossetto scuro accentuava ancora di più la cosa. Senza pensarci troppo su, mi allungai per baciarla e lei ricambiò. Non saprei spiegarvi il motivo di quel gesto ma posso assicurarvi che il limone piacque a entrambi.

«Beh, allora? Dici che sono un cattivo ragazzo?»

«Embè, ti dirò!», rispose ridacchiando mentre si rimetteva in sesto. Era visibilmente imbarazzata. Forse in quel momento si rese conto che non sarebbe stata una di quelle volte in cui era lei a condurre il gioco e credo che la cosa non le dispiacesse. «Non so perché, ma immaginavo che lo avresti fatto. Che mi avresti baciata dico.»

«Ah si? Mi sa che ho rovinato tutto. Penso che ora scenderai dall'auto urlando, no?» Mi concessi un sorriso che potesse mascherare la delusione. Non era il mio tipo, diamine, e la serata era appena iniziata.

«Ma no! No! Anzi... Cioè, è ok.»

Bisognava decidere quale piega avrebbe dovuto prendere la faccenda. Decisi, per cominciare, di andare a bere una cosa al Lombardo: bar storico della città a pochi chilometri dal nostro punto di incontro. Mai amato i cliché, dico sul serio, mi piace stupire, ma i cliché tornano comodi in situazioni come quella; e in tutta onestà, non avevo molta voglia di inventarmi chissà cosa. Bella non mi piaceva granché. La mia scelta ricadde sul Lombardo solo perché era un ambiente abbastanza familiare per me ed era anche uno dei pochi bar ancora aperti. Dall'aspetto non si direbbe ma in passato era frequentato da gente di una certa classe. Al tempo dell'appuntamento con Bella, inoltre, ci lavorava ancora uno dei migliori barman in circolazione. Ad ogni modo, a lei andava bene bere qualcosa e così partimmo.

Ordinai un Bellini, ma non ditelo a nessuno. Non mi andava di andarci giù pesante, dovevo ancora capire cosa fare con Bella, quale scusa inventarmi per riaccompagnarla a casa il prima possibile o quale per sacrificarmi e lasciar proseguire la serata così da non essere scortese. Lei prese lo stesso dopo un po' di indecisione, lasciandomi capire che non era avvezza al beveraggio. Ebbi come la sensazione che il barman, che mi conosceva praticamente da tutta la mia carriera da alcolista provetto, mi fissasse e si chiedesse cosa cavolo ci facessi con lei; si beh, con una che non rispettava gli standard ai quali lo avevo abituato. Ma era per l'appunto solo una mia sensazione, dato che raramente portavo lì i miei appuntamenti. In realtà, tutto il personale ci fissava e il motivo era abbastanza chiaro: eravamo gli unici e gli ultimi due clienti, si era fatta una certa e volevano andarsene tutti a casa. Così, bevvi frettolosamente il piscio alla pesca che avevo ordinato e, non molto attento a cosa mi stesse dicendo, feci fretta anche a lei.

Una volta usciti dal locale le chiesi cosa le sarebbe piaciuto fare. Non avevo molta voglia di rincasare e quel suo modo di scherzare, di ridere alle mie battute, iniziava a piacermi. Rispose che non aveva molte idee, non conosceva bene la città e non usciva molto. La stuzzicai con una proposta audace: le chiesi se le andava di vedere uno dei miei posti preferiti, lontano dalla città. Ballonzolava un po' ed ebbi la conferma che non era abituata a bere. Rispose di si con molto più entusiasmo di quanto potessi aspettarmi e ci avviammo verso uno di quei miei posti dove solitamente la serata prendeva la giusta piega.

Lungo il tragitto la conversazione si fece via via più intima. Iniziò a parlarmi della sua difficile situazione familiare e di come il padre se ne fosse andato quando era solo una bambina. Eravamo in auto già da un pezzo, la città era oramai distante, ma lei sembrava non preoccuparsene. L'effetto del cocktail si era attenuato, cominciava a fidarsi di me e a sentirsi a suo agio. Mi disse che Messina le piaceva, che offriva molto di più rispetto al paesello da cui veniva, ma non aveva ancora legato con nessuno. Accennò al fatto era già uscita con diversi ragazzi conosciuti in chat - la cosa non mi stupì - ma si erano rivelati un disastro dopo l'altro. Mi piaceva ascoltarla e avvertivo tutta la sua solitudine. Pensai che fosse davvero un peccato che non mi attizzasse per niente dal punto di vista estetico e mentre mi raccontava la sua vita io avevo già preso la decisione che, una volta conclusa la serata, non l'avrei più contattata.
Non posso negare che l'idea di fare sesso con lei non mi sfiorasse e non erano soltanto gli occhioni neri, il suono della sua risata o il modo in cui fingeva di saper fumare. C'era qualcosa di indecifrabile in quella ragazza che stuzzicava il mio interesse. Solo che, non era lei che volevo. A quell'età, poi, procacciarmi la scopatina quotidiana era piuttosto facile e, sebbene fossi un forte sostenitore del sesso occasionale, sapevo bene che ci sarebbero state delle conseguenze. Era un discorso che avevo già affrontato con molte ragazze. Si partiva spesso dall'idea che si trattava soltanto di una botta e via ma seguivano quasi sempre lunghe settimane di rampogne, sensi di colpa, puntualizzazioni, false speranze e delusioni. Per non parlare di quei casi in cui beccavo la svitata di turno e magari me la ritrovavo davanti casa il giorno dopo. Molte hanno sperato che tornassi da loro; non capivano che nel frattempo io speravo che qualcuno tornasse da me. Così, mi toccava agire con durezza, recidere ogni forma di contatto. Toccava ghostarle, insomma. Bella non se lo meritava.

Tornante dopo tornante la strada iniziava a farsi più buia e l'aria più fresca. I grandi e sicuri palazzi, le vetrine illuminate e i semafori avevano ormai lasciato il passo ai sentieri sterrati e alle pareti rocciose che costeggiavano il sottile nastro d'asfalto che stavamo percorrendo. Discutemmo di musica. Le feci ascoltare due o tre dei miei pezzi preferiti e mi disse che anche lei amava quel genere. Domandai se tutto quel buio, quella situazione, la stesse mettendo a disagio, se magari non avesse voglia di tornare indietro. Conoscevo già la risposta ma volevo sentirmelo dire. Rispose che si sentiva molto rilassata e che moriva dalla curiosità di vedere il bellissimo posto che le avevo promesso.

Senza che ce ne rendessimo conto, tra una risata e l'altra iniziammo a imbeccarci l'un l'altra con battute maliziose. Scherzammo sul bacio di qualche ora prima, su chi se la fosse cavata meglio. Le raccontai delle mie notti folli e lei mi parlò dei suoi incontri-scontri con l'altro sesso, del tizio che rispondeva con una linguaccia a ogni suo tentativo di intavolare una conversazione, o di quella volta in cui per tutta la durata dell'appuntamento - circa mezz'ora - dovette resistere a un giro turistico della città a 150km/h con il volume dello stereo a palla, prima di essere scaricata e poter tirare finalmente un sospiro di sollievo.

«E quindi tu sei quella che non si fa troppi problemi a concedersi al primo appuntamento.»

«Beh, no, cioè, non proprio. Cioè, di sicuro non la do al primo che passa. Però, si, se lui mi piace, se c'è chimica, non ci vedo nulla di male. Può capitare, ma non è che lo decido prima. Ci deve essere la giusta situazione. Capito?»

«Ed è una cosa che capita spesso?»

«No, macché! Cioè, tipo, l'altra sera per esempio sono uscita con uno. In foto sembrava molto più giovane. C'eravamo messi d'accordo per fare due passi. Quando l'ho visto ho pensato: - No vabbè, è un vecchio! - Cioè, guarda, volevo scappare.»

«E perché non sei scappata?»

Spenta la sigaretta, tirò fuori un chewing gum dalla borsa e rise.

«Eh, si, a saperlo! Lui voleva solo scopare e nient'altro. Neanche il tempo di salire in auto e mi ha subito proposto di appartarci. Io cercavo di cambiare discorso e lui batteva sempre a coppe con la briscola a picche. Mi sono spaventata. Cioè, capisci, non è che qui io abbia molti amici. Cioè, in caso non saprei chi chiamare.»

Avrei voluto dirle che da quel momento poteva chiamare me, ma non mi sembrò il caso. Le chiesi invece com'era andata a finire.

«Ho inventato una scusa. Gli ho detto che mi sentivo poco bene e che forse era meglio fare un'altra volta. Dopo infinite insistenze da parte sua per far proseguire la serata, sono riuscita finalmente a scendere dall'auto. Gli ho detto che ci trovavamo vicino a casa mia ma non era vero. Non volevo che sapesse dove abito.»

Sapeva tramettermi quel non so che ed era una cosa che non mi capitava spesso (neanche ora mi capita spesso). Bella non spiccava per le sue capacità comunicative e di certo non sarebbe mai stata la protagonista delle mie fantasie più recondite. Ma quell'aura di solitudine la rendeva una mia simile e per qualche minuto le volli persino bene.

«Che ci fai qui con me?», chiesi con tono serio. «Per quanto io possa assicurarti di essere una brava persona, tu non puoi saperlo. Non mi conosci. Eppure sei qui, nell'auto di uno sconosciuto su una strada buia, in aperta campagna. E io potrei essere chiunque. Capisci?»

«Si, lo so.»

«Devi fare attenzione.»

Scherzammo sul fatto che ci trovavamo nel bel mezzo del nulla e su tutte le mie possibili cattive intenzioni. A quell'età ti è ancora concesso di scherzare sulla brutalità del mondo senza il rischio di scivolare nel cattivo gusto. Mi venne in mente un amico che all'epoca mi criticava spesso questo mio essere sempre un po' troppo, come dire, sentimentale. Sosteneva che il più delle volte finivo per rovinare tutto nel tentativo di instaurare una connessione che dopotutto era superflua. La sua tesi, sostanzialmente, era: "Se vuole dartela, non ci girare troppo attorno e prenditela." Credo avesse ragione ma non era tanto una questione di sentimentalismi, quanto la semplice voglia di regalare una bella serata a qualcuno che con tutta probabilità non avrei più rivisto. Non volevo essere uno dei tanti, uno di cui ci si dimentica. Si, ok, ma... che cavolo ci facevo su quelle curve, in culo al mondo, se la mia intenzione non era quella di farmi una scopata?

«Fai palestra?», chiese.

«Un po'. Tu?»

«Se, certo. Non si vede? Mi alleno a tavola io!»

«Cavolo! Avrei dovuto invitarti a cena allora!»

«Beh, potremmo fare la prossima volta.»

Le luci soffuse delle coste calabresi iniziavano a dissipare tutto quel buio nel quale io e Bella avevamo trovato una nostra certa dimensione. Sulla destra apparve il grande parapetto in pietra illuminato dal bagliore dei fari stradali. Accostai. L'occhio cadde sulla scollatura generosa e il profumo dei suoi lunghi capelli neri fece vacillare il mio buon senso.

«Oddio, che bello! Che posto meraviglioso!», esultò Bella gustandosi il panorama.

Mi afferrò la mano appoggiandola sulle sue gambe, e mi ringraziò per aver condiviso con lei un paesaggio che in qualche modo le ricordava casa sua. Aggiunse che avrebbe aspettato volentieri l'alba insieme a me. Ancora uno dei miei pezzi preferiti, le note di una Fender che si susseguono nell'unico modo possibile, il crescendo di percussioni.
Profumi di albicocca e incenso e l'orologio segna appena le 23.00. I jeans si scaldano e siamo tutti un po' soli. Mi piace il tuo viso e mi piace accarezzare le tue curve. Sai bene che non sei la prima ragazza che porto qui e sai anche che non sarai l'ultima. So di piacerti, so che la situazione è quella giusta.

Domani è un altro giorno.


Whole Lotta Love - Hozier